Il Papa è su Twitter: passo avanti o schiaffo alla povertà?

Papa Benedetto XVI è su Twitter. Sei account in sei lingue, e 140 caratteri per diffondere messaggi di fede. Il primo twit:

“Cari amici è con gioia che mi unisco a voi attraverso Twitter, grazie per la generosa risposta. Vi benedico con tutto il mio cuore”

Evento, questo, che ha scatenato un interesse mediatico non indifferente, più che giustificato dall’importanza di una figura di rilievo internazionale. Tuttavia, guardando la foto, rimango intrdetto. La mia riflessione si spacca tra l’idea positiva di una possibile volontà di adeguamento/adattamento alle dinamiche comunicative che dominano le scene sociali contemporanee, e la negativa considerazione di una completa inutilità/inopportunità del gesto compiuto.

Sostengo con determinazione l’idea che la Chiesa Cattolica, nell’ambito di ciò che le compete, abbia ragione di essere e ragione di dire; un dire che, a mio avviso, otterrebbe maggiori consensi se fosse nuovo, rinnovato, attuale. Un modo di esprimersi al passo coi tempi, insomma. Dunque il fatto che il Pontefice abbia deciso di diffondere il messaggio della Chiesa attraverso un social network può rappresentare un passo avanti: denota il desiderio di ringiovanimento, di raggiungere i fedeli non solo attraverso i canali tradizionali, ma anche con mezzi tecnologici innovativi e alla portata soprattutto dei giovani.

D’altro canto, però, l’immagine mi preoccupa per i valori intrinseci che sottende. Presupposto n. 1: il Papa rappresenta la Chiesa Cattolica, una chiesa “degli ultimi”, portatrice del messaggio di una religione protesa alla fratellanza e al sostegno delle povertà, quindi Papa = Chiesa = umiltà, semplicità, fede. Presupposto n.2: l’importanza della figura di Sua Santità lo pone nella condizione delicata di produrre dei modelli di comportamento, e la foto in questione, da questo punto di vista, rischia di rappresentare a tutti gli effetti un testo di tipo pubblicitario. Se lasciamo da parte la promozione specifica dei prodotti iPad e Twitter (che non hanno certo bisogno del Papa per farsi pubblicità) e consideriamo i due presupposti, la cosa davvero interessante è la rosa di valori – con i relativi effetti – che assume l’immagine. L’associazione Chiesa = tablet proposta in primo piano dalla foto è potenzialmente dannosa, perché dà luogo a un ordine di idee sillogistiche di questo tipo:

  1. Tutti hanno un tablet, perfino il Papa = tutti devono avere un tablet.
  2. Chi è fedele, chi crede in Dio ha un tablet (e twitta su internet).
  3. Se non ho un tablet, al giorno d’oggi, non sto al passo con la Chiesa = Sono un fedele modello?

Ma anche idee completamente opposte, che di fatto dividono l’opinione pubblica:

  1.  Chiesa Cattolica = ricchezza, tecnologica = e i poveri?
  2.  La Chiesa Cattolica predica in un modo, si comporta in un altro.

Si manifestano allora due reazioni diverse: da una parte potrebbe nascere l’idea che un oggetto di lusso come un tablet (o più in generale la connettività) sia in realtà un oggetto-valore di rango addirittura religioso, dall’altra quella che la Chiesa contraddica gli stessi valori che predica.

Restando in un’analisi di superficie, mi chiedo davvero quanto sia utile l’azione di Benedetto XVI. Sono convinto che lo abbia fatto in buona fede, con la volontà di realizzare qualcosa di nuovo e positivo, che ha finito, però, per essere solo un’operazione di marketing spicciolo: sono milioni gli italiani a cui 1) non frega nulla dei twits del Papa, 2) che sono incazzati perché si chiedono come si possa dare importanza ad un gesto simile e fregarsene di temi ben più importanti. D’altra parte, come è possibile voler parlare un linguaggio più giovane, al passo coi tempi, se non si è al passo coi tempi nei contenuti?

Siamo tutti più collegati o più soli?