Succede questo.
C’è un Mi maggiore che spalanca la porta e sorride. Le chitarre classiche entrano per prime ad indicarti la strada. Nel fondo, quelle elettriche stendono un tappeto su cui sfila il pianoforte: elegante e sobrio, che di tanto in tanto, con certe variazioni in levare, ricorda a tutti che è un vero signore.
Al centro, corposi, trionfano gli archi. I veri protagonisti. Prima lenti, lunghi, decadenti; poi veloci, gelosi, arresi.
Gira tutto intorno a pochi accordi, perché la bellezza sta nel semplice. E tu a questo punto già sei travolto, immerso in un tutto che è perfezione.
C’è attenzione. C’è forza. Una sola direzione.
Intanto il basso è cupo, rotondo e appassionato: fa l’amore con la batteria, la quale marcia decisa senza distrazioni. Tutto ascende, con la leggerezza di chi scende.

Al di sopra, viole e violini si stringono, volano gli uni sulle altre, come due farfalle che si inseguono. Salgono e scendono, vanno e ritornano. Ti trascinano con loro, ti costringono alla commozione. È un’accelerazione emotiva. Costante. Un dolore che implode, poi risale e riesce ad uscire. È un salto continuo da suoni struggenti, ad atmosfere d’ira.
Sembra che non ci sia altro da dire, che sia stato già pianto tutto, quando di colpo un Sol maggiore ti buca il petto di gioia, cambiando di tonalità e facendo esplodere di nuovo voce ed archi, su verso l’alto. Adesso c’è rabbia, frenesia, le note lunghe e malinconiche ti tagliano nel profondo: hanno da dirti la felicità. Allora hai voglia di gridare, ma non serve, perché gli strumenti lo fanno per te. La batteria raddoppia l’impeto, il basso le dà ragione. Gli archi si accorciano, si moltiplicano e cominciano a strillare, mentre le chitarre disegnano un amore incazzato a scariche intermittenti: la loro è una discussione personale un po’ fuori dal coro, si lanciano un botta e risposta stereofonico che fa da sostegno a quelle acustiche… le quali, educate, continuano ad arpeggiare. Perché l’accordo va scandito, va fatto brillare.
È un orgasmo musicale. Acuto, improvviso, di risa e di dolore.
È una corsa armonica ad incastri perfetti, un fiatone melodico che ti manda in estasi e poi ti lascia morire in un accordo minore. Sembra essere quella l’unica meta comume: quel Mim7 capace di riempirti e svuotarti allo stesso tempo.

L’altro giorno mi hanno chiesto cosa mi entusiasma nella vita.
Questo.
La musica.

Anche se non vi piace Laura Pausini, ascoltate la versione strumentale originale di “Tra te e il mare”, il ritornello. Dado Parisini è uno dei migliori arrangiatori italiani.