Fino a che punto un uomo può riuscire ad avere due vite diverse, due storie diametralmente opposte, contemporaneamente? Antonia questo non riesce proprio a spiegarselo, specialmente quando scopre che il marito Massimo – prima di morire – la tradiva da sette anni con un uomo. Improvvisamente e casualmente, la protagonista – una splendida Margherita Buy – viene catapultata in un mondo completamente diverso dal suo, una dimensione lontana anni luce dalla vita tranquilla e tradizionale che aveva costruito fino ad allora. Un set cinematografico della realtà pieno di persone, quasi personaggi, che hanno a che fare con cose che Antonia non aveva neanche mai immaginato potessero un giorno riguardarle: omosessualità, famiglie allargate e malattie incurabili, inaspettatamente entrano nella sua realtà quasi con prepotenza costringendola a capire – provarci quantomeno – quel nuovo tutto, quella seconda parte del marito che era sempre stata occulta, ma che era pur sempre parte di lui.

L’imbarazzo iniziale e i suoi modi impacciati si sciolgono lentamente dentro tutta la trama, fino ad arrivare ad un delicato agio che rende la storia a tratti simpatica a tratti emozionante. D’altra parte il centro di tutto è comunque l’amore, e quell’idea di diventare amica dell’amante del marito – come le aveva proposto cinicamente la madre – Antonia non la vede più come un’assurdità. Ma in un modo o in un altro, presto o tardi, si torna sempre a fare i conti con se stessi, e quella che cominciava ad essere una nuova vita, improvvisamente viene interrotta da un evento inaspettato che regalerà ad Antonia la serenità persa e la riporterà sui passi della sua vera vita.

Un film crudo, vero, estremamente diretto: la realtà raccontata da Ozpetek è quasi più vera del vero e riesce ad arrivare fin dentro lo spettatore in modo schiacciante. Ci sono tante parole non dette, tanti discorsi mai iniziati, che si accumulano, caricano i protagonisti fino a far esplodere le loro sofferenze: sia Antonia che Michele – l’amante di Massimo – infatti, si sentono incompleti; si ritrovano quasi per forza a condividere una mancanza, un vuoto sentimentale che è lo stesso, e che i due si illudono di poter colmare restando vicini.

La colonna sonora è ben studiata, colora le sequenze con il sapore di una malinconia amara, quasi triste, ed è perfettamente in grado di sostenere il ritmo della narrazione. Un film che fa riflettere, che scuote lo spettatore e gli impone di adattarsi, come Antonia, a qualcosa che non gli appartiene e che fa crescere.

“Forse ho solo un po’ di nostalgia di una banale stupida vita normale”.. “Ma quella già ce l’hai, non ti illudere”.