Sempre un libro in più. Sempre una pagina in più. Sempre un film in più per raccontare un tracciato di storia, forse la storia stessa, di una nazione, un continente, macchiato da una sola mente diabolica: Adolf Hitler.

Lui, l’autore delle leggi razziali, dei campi di concentramento; il promotore di uccisioni senza scrupoli, violenze senza impedimenti, raccontato nei suoi ultimi giorni di vita. Quei momenti nella Berlino bombardata dai russi, quegli attimi sepolti nel bunker spiegano benissimo le ideologie di una politica devastante, una dittatura deturpante già ben esplicata negli anni precedenti dai fatti e ancor prima dal Mein Kampf: lo sconvolgente trattato sulla battaglia che il Fhurer vorrà, e riuscirà, ad ottenere.

Dal punto di vista cinematografico ci troviamo davanti a un film scuro, in un clima rumoroso in cui la colonna sonora è coperta dal riverbero delle bombe. Il regista è abilissimo nel riprendere scene intuitive e gli attori sono tutti degni di grandi meriti. Specialmente Bruno Ganz, a cui è stato affidato l’arduo compito di interpretare le ambigue gentilezze e gli scatti nevrotici del dittatore. A parte una sporadica monotonia nella fotografia e la voce del doppiatore di Hitler non troppo giusta per il volto dell’attore tedesco, è sicuramente un film da segnalare.