Cabaret – B. Fosse

Celebre film degli anni settanta portato al successo da una brillante e poliedrica Liza Minelli, Cabaret è l’icona di una prefazione storica di rilevanza mondiale. Attraverso la metafora dello spettacolo, infatti, viene raccontata una società in allestimento nella nascente vetrina di guerra e orrore che il Nazismo di Adolf Hitler ha promosso e alimentato.

La storia è quella di un amore, forse non troppo originale ora, ma nel 1931 sicuramente di forte impatto, tra la giovane e accattivante cabarettista Sally e il misterioso e timido insegnante di inglese Brian. Tra i due nascerà un forte sentimento messo in discussione, nel corso del film da un ricco uomo, che sedurrà entrambi i protagonisti i quali si troveranno di fronte a diverse scelte tra le quali anche quella di diventare genitori o meno del figlio che Sally aspetta da pochi mesi.

Sfondo di queste vicende è proprio l’imminente nascita del Nazismo e di leggi razziali che segneranno la vita di altri due personaggi (Fritz e Natalia) i quali, essendo ebrei, andranno incontro a quello che per loro era stato “studiato” dall’uomo che ha macchiato in assoluto più degli altri il novecento europeo e d’oltre oceano.

Il film non è altro che un musical all’americana con una colonna sonora d’impatto e coreografie molto sceniche e all’avanguardia che hanno fatto vincere al film diversi oscar. Un colossal che tutt’ora riesce a spiegare meglio di qualsiasi pagina di storia delle vicende che continuano ad interessare la politica, la cultura e la società moderna che si è costruita anche in considerazione di quello che il passato le ha regalato. Da vedere!

La caduta – O. Hirschbiegel

Sempre un libro in più. Sempre una pagina in più. Sempre un film in più per raccontare un tracciato di storia, forse la storia stessa, di una nazione, un continente, macchiato da una sola mente diabolica: Adolf Hitler.

Lui, l’autore delle leggi razziali, dei campi di concentramento; il promotore di uccisioni senza scrupoli, violenze senza impedimenti, raccontato nei suoi ultimi giorni di vita. Quei momenti nella Berlino bombardata dai russi, quegli attimi sepolti nel bunker spiegano benissimo le ideologie di una politica devastante, una dittatura deturpante già ben esplicata negli anni precedenti dai fatti e ancor prima dal Mein Kampf: lo sconvolgente trattato sulla battaglia che il Fhurer vorrà, e riuscirà, ad ottenere.

Dal punto di vista cinematografico ci troviamo davanti a un film scuro, in un clima rumoroso in cui la colonna sonora è coperta dal riverbero delle bombe. Il regista è abilissimo nel riprendere scene intuitive e gli attori sono tutti degni di grandi meriti. Specialmente Bruno Ganz, a cui è stato affidato l’arduo compito di interpretare le ambigue gentilezze e gli scatti nevrotici del dittatore. A parte una sporadica monotonia nella fotografia e la voce del doppiatore di Hitler non troppo giusta per il volto dell’attore tedesco, è sicuramente un film da segnalare.

Tutti a casa – L. Comencini

Uno spiraglio, uno stralcio di un’Italia ferita e stanca dalla guerra. Questo film è una abile testimonianza più che della posizione dell’Italia in guerra, della posizione degli italiani. La loro forza ormai giunta all’estremo, la confusione, la sprovvedutezza e quel tocco di ironia che hanno sempre contraddistinto la nostra umanità.

La storia racconta del ritorno a casa di alcuni soldati appresa la notizia dell’armistizio con l’America che ha improvvisamente reso i potenti camerati tedeschi dei feroci nemici, sciacalli già giunti nel territorio da depredare. In particolare si segue la storia del sottotenente Innocenzi (uno straordinario Alberto Sordi) che vedrà sotto i suoi occhi uccisioni di suoi soldati, amici, e sarà testimone di rivolte popolari a cui si troverà inevitabilmente coinvolto. In tutto questo però non perderà mai la gioia del suo ritorno, di rivedere il padre e di ritrovare nella sua città, Roma, quei gusti tradizionali e semplici, forse anche periferici, tipicamente italiani. Di una Italia povera però, di un’Italia affamata e minacciata dallo squadrismo fascista, di una popolazione impaurita, scaltra e che a tratti desta una innocente tenerezza con i suoi umili interventi.

Questo, infatti, è proprio quello che trasmette quel giovane volto di Alberto Sordi, un colosso nella storia del cinema, una colonna portante della comicità e drammaticità: icona spontanea degli abitanti del Bel Paese. E insieme a lui, il cinema ha perso un altro dei più significativi “narratori su pellicola” dei nostri tempi: proprio pochi giorni fa, infatti, Luigi Comencini – regista del film – si è spento, lasciando la terra e la storia che per anni ha raccontato nei suoi capolavori. Tutti a casa è uno di questi.